TRAGEDIA
Il genere della tragedia ebbe scarso successo durante il rinascimento; questo scarso successo è forse giutificabile col fatto che nel periodo di crisi che era il rinascimento, non c’era molta voglia di farsi coinvolgere nel male altrui. La tragedia greca esercitò un influsso notevolissimo sul teatro moderno, sia direttamente sia attraverso Seneca. In Italia con il Seicento, si ricorre oltre che agli idolatrati modelli classici agli autori nuovi europei.
La tragedia grecheggiante, in settenari ed endecasillabi intervallata irregolarmente da cori in metro ditirambico, si sviluppò nel Veneto, per opera di Domenico Lazzarini. La prima vera e bella tragedia italiana fu Merope del letterato e intellettuale veronese Andrea Maffei. La forza drammatica ed il realismo dei sentimenti furono le caratteristiche principali. È, in sintesi, il tipo di tragedia italiana che sarà seguita da Vittorio Alfieri e altri autori.
Il faticoso cammino della tragedia settecentesca italiana, nel frattempo, continuava con i tentativi di suscitare compassione, orrore, amore, di scrivere su cose strane; cioè, una ricerca del nuovo. I rappresentanti di questo movimento furono Gravina, Martelli, G.R.Carli, Baretti, Goldoni, Gozzi o Verri (traduttore di Shakespeare). Nel 1770, il duca di Parma, Ferdinando di Borbone, bandì un concorso per comici e poeti. Nel 1772 vinse Orazio Calini con Zelinda, nel 1775, Ottavio Magnacavallo con Rossane. Proprio in quest’anno, però, Vittorio Alfieri rappresentava Cleopatra.
Anche, tra gli autori di tragedie religiose, il più fortunato del teatro gesuitico del ‘700 fu il figlio della compagnia di Gesù Simon Maria Poggi; anche distaccano Giovanni Granelli, Saverio Bettinelli, Demetrio Poliorcete o Alfonso Varano.
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