INIZIO
1. Rinascimento: contesto e ideologia
2. Rinascimento europeo
3. Rinascimento vs Barroco
4. Teatro rinascimentale
5. Commedia
=> 5.1. Machiavelli
6. Dramma pastorale
7. Tragedia
8. Altri generi

LA COMMEDIA

Nel Cinquecento ci fu anche una vasta produzione del genere teatrale, soprattutto nella commedia. In questo periodo la commedia attinge dai classici (Plauto e Terenzio ad esempio), ma anche dai contemporanei (Boccaccio). Anche il linguaggio utilizza timbri differenti. Le prime commedie degne di nota furono quelle di Ludovico Ariosto (La Cassaria, I Suppositi), cui seguirono La Mandragola (Machiavelli), La Calandria (Bernardo Dovizi, meglio noto come Bibbiena), e gli Straccioni (Annibal Caro). Grande importanza ebbe il teatro veneto con La Bulesca e la Veniexiana, entrambe anonime, ma esempi di teatro "diretto".

La messa in scena della Cassaria di Ariosto, nel 1508, viene considerata il primo sbocco di rilievo della commedia del ‘500, non a caso a Ferrara, e cioè proprio dove vi erano state frequentissime traduzioni e recite. Nel Prologo della Cassaria Ariosto parla di “nova commedia”, un prodotto che implica la competizione “de li moderni ingegni” con gli “antiqui”(v.9), “è ver che né volgar prosa né rima/ha paragon con prose antique o versi”(vv. 10-11), mostrando un grande rispetto per e un senso di umiltà nei confronto dei maestri classici.

È fondamentale anche il passaggio decisivo da un luogo scenico primitivo e provvisorio ad un luogo teatrale fisso e innovativo che si svolge nel terzo decennio del ‘500, quando si sviluppa sempre più rapidamente la scena in prospettiva. Essa viene diffusa come modello di palcoscenico da una serie di spettacoli di grande successo, e l’ingegnere che costruiva la scena poteva spesso essere un grande pittore come ad esempio lo stesso Raffaello Sanzio. Questi spettacoli di grande successo costituiscono la prima prova concreta, in Italia, di un connubio di sforzi da parte di intellettuali diversi, scrittori e scenografi; sono spettacoli che non solo consolidano un istituto teatrale, ma si propongono come modelli indiscussi alle rappresentazioni che seguiranno, imprimendo alla traiettoria della commedia, in quanto manifestazione spettacolare, un vero salto qualitativo. Si affermano dunque: una nuova drammaturgia comica profana, un nuovo quadro scenico per rappresentarlo, la scena in prospettiva. Quest’ultima, in particolare, incorpora la realizzazione di una terza dimensione, quella della profondità. E qui è essenziale il rapporto fra pittura e scenografia
.

Per quanto riguarda il contenuto, le commedie cinquecentesce prendevano le sue componenti fondamentali dal modello Plautino-Terenziano
:

1. La scena unica visualizzata come scena urbana, dimensione cittadina, borghese.

2. La divisione del testo teatrale in scene e atti. Ogni scena si definisce per inquadrare le presenze dei personaggi, secondo una partizione che resta invariata fino agli scenari cinematografici. La divisone in atti fu introdotta secondo le indicazioni di Orazio, per il quale il testo teatrale non doveva essere superiore né inferiore a cinque atti.

3. La situazione, il conflitto drammatico, che nello schema plautino si concentra nel conflitto generazionale tra vecchi e giovani e nei conseguenti ostacoli all’amore ed negli equivoci da rimuovere.

4. La tipologia. Il catalogo di base che prevede in prima istanza una distinzione sociale tra servi e padroni, poi gli èthe, i diversi caratteri: giovani innamorati, vecchi anch`essi innamorati, cortigiane e più raramente donne di altro stato, parassiti, soldati, straccioni.

Poi arriviamo alla struttura verbale: il testo teatrale. Nel Rinascimento la forma plautina o terenziana resta uno scheletro, mentre la sostanza verbale e narrativa proviene da un grandissimo modello, dal Decameron di Giovanni Boccaccio. Nel linguaggio comico di questi anni possiamo trovare uno schema del tutto innovativo, con una freschezza ed un vivace realismo mai visto prima nella letteratura italiana.

IL REALISMO NELLE COMMEDIE CINQUECENTESCHE

Il sistema dei generi che fu introdotto nel cinquecento, ispirato dal teatro antico, aveva sostanzialmente tre generi: la commedia, la tragedia, e un genere misto in varie direzioni, l’egloga o la favola pastorale. Nell’Italia del ‘500 primeggiava la commedia, mentre la tragedia ebbe una diffusione minore.

Gli artisti erano legati sia economicamente che spiritualmente all’ambiente in cui vivevano, che fungeva da spettatore e da critico. Fu lo stesso ambiente a finanziare sia la loro creatività, sia la loro esistenza. Gli artisti, essendo pagati dalle stesse persone che dovevano godere dello spettacolo, non potevano permettersi di allontanarsi troppo dal gusto dei padroni o di essere eccessivamente critici nei loro confronti.

La commedia del Cinquecento rimane allora lo studio di un certo spaccato sociale che solo indirettamente coinvolge il pubblico, perché di rado tocca in modo esplicito i ceti del pubblico di corte. Essendo comunque non popolare, ma di classe medio alta, permette agli spettatori anche di riconoscere se stessi, e quindi divertirsi di più, senza però rimanere offesi o indignati. L’ambiente raffigurato è socialmente inferiore, e consente di indagare la natura umana e la contemporaneità con maggiore libertà, mettendo in evidenza anche i lati più oscuri e poco pregevoli. In tal modo gli intellettuali riescono ad usare la commedia per far arrivare i loro messaggi critici e satirici verso la società contemporanea.



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